I PROFESSIONISTI PAGANO PER CORRERE. MA GLI AMATORI VENGONO RIMBORSATI.
DI CARLO GUGLIOTTA
Qualche giorno fa ha destato scalpore - soprattutto tra coloro che sono meno addentrati nell’ambiente - un articolo dell’ottimo Marco Bonarrigo, collega del Corriere della Sera,
che ha fatto notare come molte squadre professionistiche chiedano ai corridori di portare uno sponsor, in modo tale da potersi autopagare lo stipendio. In sostanza, molti corridori professionisti pagano per correre: pur di non rimanere a piedi, molti di loro si impegnano a portare uno sponsor, e così possono continuare la loro carriera. Purtroppo il problema è molto diffuso: all’ottima inchiesta di Bonarrigo aggiungo soltanto che purtroppo il fenomeno non riguarda solo molte squadre di basso livello, ma anche formazioni di grandissimo rango.
Sembra quasi che il mondo del ciclismo stia funzionando al contrario: negli ultimi anni, infatti, a causa del boom che sta ottenendo il ciclismo amatoriale (e quindi il ciclismo di coloro che dovrebbero andare in bici solo per divertirsi), tanti amatori di buon livello vengono rimborsati dalla propria società per poter correre. E non parliamo del semplice rimborso per andare alla gara (che ci potrebbe pure stare se alle spalle del team c’è una buona sponsorizzazione), ma parliamo di vere e proprie cifre importanti, “camuffate” da rimborso spese.
GLI SPONSOR TECNICI - E’ risaputo che negli ultimi anni molte aziende del settore ciclismo preferiscono investire nel mondo amatoriale piuttosto che in quello agonistico. Le ragioni sono da ricercare prima di tutto nei numeri, visto che i numeri delle gran fondo hanno numeri in costante crescita, ma anche nel fatto che l’azienda del settore si rivolge direttamente al consumatore finale. Esempio: io amatore partecipo ad una gara, non sono soddisfatto delle mie ruote e ne vorrei comprare un altro paio: se nel villaggio gara della gran fondo trovo uno stand di un’azienda di ruote che mi piacciono, entro direttamente a contatto con l’azienda e sono anche più invogliato a comprare.
Il problema è che questo ragionamento è giusto per un amatore “vero”, cioè uno che per divertimento se ne va a fare una gara (e se vuole può anche competere per la vittoria, perché no). Negli ultimi anni, però, i professionisti travestiti da amatori continuano a proliferare, e il fenomeno sembra in costante aumento.
GLI SPONSOR EXTRA SETTORE - Per rimborsare uno o più amatori c’è naturalmente bisogno di alcuni sponsor che mettano sul piatto dei soldi. Attirare partner commerciali è sempre difficile, ma non impossibile. Quale beneficio può avere un’azienda a sponsorizzare una squadra amatoriale? Prima di tutto il fatto che chiunque può tesserarsi per quel team, quindi anche il titolare di uno sponsor può entrare a far parte direttamente della squadra. E poi, i numeri: portare un team numeroso a una gara che richiama migliaia di persone è senza dubbio un grande ritorno di immagine. Ecco che allora anche gli sponsor extra settore possono interessarsi al fenomeno amatoriale: chiaramente noi non vogliamo criticare le scelte delle aziende, che ragionano molto in termini di costi-ricavi (come è giusto che sia).
UN PASSO BREVE - Ma come si passa da essere un semplice amatore a un amatore che viene rimborsato per correre? Ce lo spiega Elisa (nome di fantasia, in quanto la fonte ha chiesto di rimanere anonima): “Andavo in bici per divertirmi, non avevo mai gareggiato a livello agonistico. Sono stata coinvolta da alcuni miei amici che praticano tutti il ciclismo: ho iniziato su una vecchia bici in alluminio, poi ne ho comprata una in carbonio usata. Un giorno mi chiedono se voglio gareggiare su una bici di altissima gamma messa a disposizione dal team: accetto, ma da quel momento inizia un vero e proprio incubo. Non c’era una domenica di pausa, ho corso anche con la febbre, ma non potevo tirarmi indietro perché avevo firmato un contratto”.
OBIETTIVI E RISULTATI - In questo modo si entra in un circolo vizioso: lo sponsor paga, quindi bisogna dargli visibilità. Come si offre questa visibilità? Vincendo, chiaramente. Ed ecco che allora le squadre amatoriali si attrezzano con tutto l’occorrente per mettere in condizione di vincere i semplici appassionati della domenica. Ecco allora che nascono medie orarie da record e altri segnali di esasperazione.
FCI AL LAVORO - Il settore amatoriale della Federazione Ciclistica Italiana, nella persona dell’avvocato Gianluca Santilli, è al lavoro ormai da diversi anni per cercare di contrastare questo fenomeno, ma non è un problema che può essere risolto in tempi brevi. La Granfondo Campagnolo Roma quest’anno ha eliminato le classifiche, premiando i vincitori in base ai tempi delle cronoscalate. Può sembrare una scelta impopolare, ma qualcosa bisognava fare per arginare questo fenomeno. Sarebbe opportuno che anche gli altri enti della consulta collaborassero in questa direzione, anche perché - statistiche alla mano - gli enti hanno un numero di tesserati maggiore rispetto a quelli che hanno una tessera FCI. Un amatore vero potrebbe stancarsi e non tesserarsi più: chi me lo fa fare di competere con gente che viene rimborsata per correre, mentre io lunedì mattina vado a lavoarare?
CICLISMO AGONISTICO, LA GRANDE VETRINA - In tutto questo, bisognerebbe cercare di attirare nuovi sponsor all’interno del settore agonistico. De resto, il grande ciclismo dei professionisti deve essere la massima vetrina per uno sponsor che vuole investire nel mondo delle due ruote. E bisognerebbe cercare di dare lustro anche alle formazioni giovanili, visto che le corse per Under 23 e per Juniores tendono a scomparire. Il mondo amatoriale, come detto più volte, può essere un ottimo serbatoio per il ciclismo giovanile, ma non può essere l’unica soluzione.
Nessun commento:
Posta un commento